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L'antica Kalasarna

 La tradizione popolare da sempre identifica l'antica Kalasarna (o Calaserna e Caliserna nel gergo popolare) con Campana. Di ciò si son fatti portavoce soprattutto gli storici calabresi dei secoli XVI-XVIII e lo stesso poeta-scrittore campanese Francesco Marino (1624-1716).

Per quanto antico ed arcaico, comunque, il toponimo fino allora non aveva trovato risonanza letteraria se non in Strabone, di epoca augustea. Questi nella sua Geografia , parlando di Filottete, l'eroe omerico fuggito per motivi politici dalla sua patria Melibea, riferisce che, approdato nella regione dei Brettii, lungo il litorale ionico aveva fondato Petelia, Krimissa e Chone. Da qui verso l'interno, continua Strabone, si incontrano gli abitati di Grumentum, Vertine e Kalasarna ed altri piccoli stanziamenti. Anche la fondazione di Kalasarna, allora, sarebbe da attribuirsi a Filottete, o a qualcuno del suo seguito. Marafioti, invece, richiamandosi a Stefano bizantino (sec. VI d. C.), ipotizza che Kalasarna (da lui detta Calaserna) sia stata fondata dai Coni-Enotri e poi ingrandita da Filottete. 
 
"Appresso mi aspetta l'antico castello Calaserna, oggi chiamato Campana, fabricato dagli Enotri secondo che riferisce Stefano, ma Strabone vuole, che sia stato fabricato da Filottete compagno d'Ercole, nondimeno potrà ben essere ( come è stato di molte altre città, le quali si dicono essere state fabricate da Filottete, delle quali di passo in passo ne ragioneremo) che furono prima fabricate dagl'Enotrij, e dopo magnificate da Filottete, e fatte sue colonie; e l'istesso può essere di questo Castello Campana, cioè, che fosse stato fabricato dagl'Enotrij, e doppo magnificato da Filottete".
 
Senza entrare nel merito di queste notizie, qui riportate per completezza di cronaca, colpisce il fatto che, rimasto a lungo nel silenzio più assoluto, di recente il toponimo Kalasarna è entrato nuovamente nel dibattito tra gli studiosi della Magna Graecia, che non hanno mancato di prospettare le ipotesi più svariate sia sulla sua origine, sia sulla sua localizzazione. Giovanni Pugliese Carratelli, studioso di fama, pur accettando come molto probabile l'ubicazione nell'attuale Campana, collega il toponimo Kalasarna - da lui letto Chalasarna e fatto derivare da 'Halasarna - al dio Apollo 'Halasarnita, il cui culto era affermato nel territorio per la vicinanza del tempio di Apollo Aleo, nei pressi di Krimissa, all'altezza dell'attuale Punta Alice. Il Carratelli trova un'affinità tra Chalasarna e 'Halasarna di Cos in Grecia, dove il culto di Apollo era ancora più forte. Pier Giovanni Guzzo, già direttore responsabile degli Scavi di Sibari, senza escludere l'identificazione di Kalasarna con Campana, ipotizza come sito possibile anche la riva destra del torrente Galatrella, affluente del Crati. L'idea nasce da una nota dello storico coriglianese Giuseppe Amato, che parla di Calaserna come luogo vicino a Corigliano, dove l'evangelista S. Marco sarebbe giunto per predicare il Vangelo. Molto onestamente, comunque, il Prof. Guzzo riconosce che in realtà lungo il Galatrella non c'è traccia del toponimo Kalasarna. Comunque sia, l'identificazione di Kalasarna con Campana non trova più ostacoli tra gli studiosi attuali, che avallano così quanto complessivamente riconosciuto dagli storici più antichi, che si sono rifatti sia alla storiografia precedente, sia alla tradizione popolare. Citiamo tra questi, a titolo esemplificativo, Elia De Amato, Vincenzo Padula, Nicola Leoni, ecc.. A conforto di tutti, infine, sono arrivate le scoperte archeologiche fatte nel territorio campanese nel corso di questo Novecento. 
 
1. Le testimonianze archeologiche
I rinvenimenti archeologici, in verità, non sono frutto di campagne o studi organizzati e sistematici, ma sono stati per lo più occasionati da lavori agricoli ad opera di privati cittadini. Questo non significa che le testimonianze affiorate non siano di grande valore e preziosità. Certo una maggiore attenzione e campagne mirate avrebbero potuto dare un aiuto più consistente alla ricerca storica. Di particolare rilevanza risulta il fatto che le zone interessate ai ritrovamenti sono per lo più lungo il tracciato dell'antica chiubica che dal Crocevia di S. Pietro con diramazione per il paese e attraverso Ronza Vecchia, Caprella, Serra del Leone, Gambicella e lungo il Fiumenicà portava a Macchia del Barone, Minoscioli e da qui verso Cirò con bivio prima per Umbriatico all'altezza della località Raca (dove nasce la sorgente di acqua sulfurea) e più avanti per Cariati. Su questa traiettoria, infatti, sono stati rinvenuti alcuni utensili bronzei, oltre a frammenti ceramici e fittili di epoca ellenistica (località Ronza Vecchia); una tomba di epoca romana, il cui corredo si trova nel Museo di Crotone, in contrada Pignataro; vasi di bella fattura di fabbrica italiota, alcuni dei quali a pittura con figure rosse, in località Caprella; cocci e vario materiale frantumato della stessa epoca è stato raccolto in località Cozzo del Leone nel corso dei lavori di costruzione della strada Caprella-Gammicella nel 1974. A queste testimonianze vanno ad aggiungersi i resti di strutture murarie a secco e frammenti ceramici di uso comune in località Cozzo del morto, che qualcuno ha identificato con una possibile stazione di transumanza di epoca brettia; ancora frammenti di "pithos" e tegole pertinenti ad una piccola fattoria di età ellenistica in località Manca di Mattia ed una tomba a tegole di epoca romana in località S. Marina. Nel 1934 un vasetto fittile grezzo contenente 78 monete è stato rinvenuto dal sig. Costantino ("Ricchinu") in località Torracca. Il ripostiglio delle monete, datate tra il 350 e il 217 a. C., attesta nel territorio di Campana una forte frequentazione durante il periodo ellenistico. Interessanti scoperte, inoltre, sono state fatte ai primi del Novecento dal Di Cicco nella esplorazione di grotte artificali antichissime sulle sponde del fiume Suvero e sul dorso dell'altura detta "Terra dei Fossi", dove riconobbe avanzi di abitazioni primitive appartenute a popolazioni brettie. Ed alla civiltà rupestre si richiamano le grotte di Rubillo, in località Ornarito, certamente le più caratteristiche e interessanti tra quelle disseminate nel territorio di Campana.
2. Il nome Kalasarna
Sul significato del nome diverse sono le congetture. Mons. Marino, partendo dalla pastorizia, occupazione prevalente di molta parte degli abitanti, fa derivare il toponimo dal greco kalòs (bello) arnòs (agnello), per cui Kalasarna indicherebbe la terra della buona e fiorente pastorizia. Questa ipotesi farebbe pensare ad una Kalasarna non necessariamente dentro il sito dell'antico centro storico (rione Terra) di Campana. Se invece l'identificazione è col paese, allora, più opportunamente il nome Kalasarna potrebbe provenire dalla natura accidentata e strategicamente ben difesa del luogo. Il sostantivo arna , infatti, nel dorico preellenico significa rocca , castello, per cui kalòs-arna (bella roccaforte) potrebbe essere stato conferito ad un insediamento che per la sua posizione offriva ogni possibilità di difesa contro gli attacchi dei razziatori che potevano risalire lungo il Fiumenicà. A questa ipotesi potremmo collegarne un'altra, ove accettiamo l'idea del Prof. Carratelli secondo cui il nome primitivo di Kalasarna poteva essere stato Chalasarna. Il dorico chalà significa "braccio di monte", "prominenza", "sperone", per cui premettendolo ad àrna verrebbe ad essere "rocca della prominenza", o semplicemente "rocca prominente". Tale significato troverebbe conforto nella configurazione del rione Terra, che si presenta quasi come uno sperone-cuneo proiettato con strapiombi nella confluenza delle fiumare Cerruzzo e Azzolino. Invalicabile da questi due lati, sul terzo lato era più accessibile, ma pur sempre difeso dal burrone che consentiva l'ingresso in paese solo attraverso il ponte levatoio e la Porta, detta appunto ancora oggi Porta del Ponte. Su questa Porta in epoca medioevale venne costruita la Torre rotonda, poi detta dell'Orologio, l'unica rimasta in piedi insieme a quella della Trinità, delle 5 esistenti lungo il tracciato della cinta muraria. Il nome Kalasarna, allora, poteva indicare la prominenza a forma di fortezza, difesa da strapiombi e dirupi, che dava alle popolazioni del luogo ogni garanzia per trincerarsi e contrastare gli attacchi nemici in tempo di scorrerie. A questa rocca facevano riferimento i casali rurali dispersi nel territorio circostante. Del resto l'esistenza di questi casali è provata dai resti che si possono ancora intravedere in diverse località. Così durante i lavori di piantagione di vigne in contrada Incavallicata furono rinvenuti ai primi del Novecento oggetti di uso domestico (cocci di lucerne, giare, vasellame vario), segno chiaro di insediamenti umani. Identico materiale è venuto alla luce in località Francavilla (Serra dell'Acero), Crocevia di S. Pietro, S. Iapico, S. Lorenzo, S. Giovanni la Fontana, Sorbo. Tutto questo sembrerebbe convalidare l'ipotesi di Kalasarna roccaforte e punto nevralgico di difesa a disposizione anche dei casalesi. 
 
3. Il sito di Kalasarna ed il nuovo nome Campana
Da quanto si è andato dicendo si può desumere che l'identificazione di Kalasarna col rione Terra di Campana sia l'ipotesi più verisimile, anche se l'accreditamento andrebbe verificato col supporto di altre prove documentarie allo stato pressocchè impossibili. Un fatto c'è, comunque, che rende l'ipotesi praticabile: la presenza di acqua sorgiva all'interno delle mura, elemento fondamentale per sopravvivere in caso di assedio prolungato, che avrà senz'altro ancora di più attirato e favorito l'assembramento di più gente. Del resto ancora oggi in molte case, ormai diroccate e in stato di abbandono, si riscontrano pozzi e cisterne di raccolta di acqua, situazione questa che dava tranquillità sia agli abitanti residenti, sia ai casalesi che vi si rifugiavano. Anzi è proprio a questo fatto che si lega il cambiamento di nome da Kalasarna in Campana in epoca medioevale. Secondo la tradizione, raccolta dal solito Mons. Marino, il cambiamento di nome sarebbe stato determinato dalla presenza in paese di una grossa campana, che doveva servire per avvisare e chiamare a raccolta i casalesi impegnati nei lavori dei campi al fine di difendersi dal pericolo sempre incombente delle incursioni dei Saraceni. Queste divennero particolarmente frequenti e pericolose nei secoli IX-X, tanto da mettere in allarme non solo gli abitanti del litorale, che dai bizantini furono obbligati a crearsi una flotta di piccole navi veloci (chelandie) per contrastare ed inseguire gli assalitori, ma anche quelli dell'entroterra. Segni profondi lasciarono soprattutto le scorrerie degli anni 896, 933, 944, 952-53, tutte particolarmente rovinose. Quella del 933, per esempio, fruttò agli islamici la conquista nel crotonese di Petelia e di Bristakia (Umbriatico). Ci volle l'intervento dell'imperatore Costantino VI nel 944 perchè le due città fossero liberate dagli invasori. E fu proprio in questa occasione che i pochi superstiti di Bristakia andarono ad occupare la collina di Tegano, meglio difesa, che segnò l'avvio dello sviluppo di Umbriatico, confinante con Campana. Alla luce di ciò non meraviglia che a Kalasarna, facilmente accessibile dal mare per il Fiumenicà, per ovviare al pericolo incombente abbiano potuto creare dei punti di vedetta e si siano forniti di quella "campana", di cui parla la tradizione popolare, che serviva anche a dare l'allarme generale per il rientro di tutti. Il ripetersi della cosa avrà convinto certamente i casalesi isolati tra loro a trovare stabile dimora nel centro più in grado di garantire l'incolumità, per cui il primitivo primo nucleo si trasformò in un centro più grosso col nome di Terra della Campana ("Terra Campanae"), che proprio in questa fase storica (secoli X-XII) andò affermandosi soppiantando il precedente Kalasarna. Il documento più antico in cui ricorre per la prima volta il nome Campana è il diploma del 1269 della Provisio pro decimis baiulonis Rossani, sancti Mauri, Petrepaule et Campane, confermata da re Carlo I d'Angiò all'arcivescovo Angelo di Rossano. E sempre il re angioino, con diploma del 1271, concesse la Terra Campane a Guglielmo Ernardo di Bayrano a seguito della morte di Viviano de Clarence, primo feudatario di cui si conosce il nome. Dando per valida l'ipotesi che il nome sia provenuto dalla presenza della campana, ci sembra peraltro accettabile porre il cambio di nome in Campana nella prima fase dell'occupazione normanna, dopo che la Calabria era stata tolta al dominio bizantino. L'uso delle campane, infatti, è completamente ignorato dai bizantini, ed è stato introdotto in Calabria proprio dai Normanni, i quali non si limitarono a propagandarne l'uso sacro, ma diedero ad esse una connotazione anche civica. In altre parole, le campane non servirono solo a convocare i fedeli in chiesa, ma vennero istallate in torri civiche allo scopo di scandire il tempo del lavoro dei campi e per avvertire, ovviamente, degli eventuali pericoli di qualsiasi natura. Della presenza della campana si è impadronito il folklore paesano, che ha inventato con fine acume proprio la leggenda della campana, che riportiamo per sommi capi. Si narra che due contadini, uno di Calaserna e l'altro di Umbriatico (talora figura impropriamente Savelli), mentre lavoravano la terra rinvennero una grossa campana. Non trovando accordo su chi dovesse appropriarsene, pervennero ad un compromesso: si sarebbe proceduto ad una competizione tra due buoi. La campana sarebbe andata al bue che con più forza l'avrebbe tirata a sè. Fatti i preparativi, il calasernese invece di un bue mise in gara una vacca che da poco aveva partorito legando poi ad un dipresso il vitellino. Al momento di dare in via, il calasernese diede una staffilata al vitellino provocando la reazione della madre, che, per correre in difesa del figlio, con veemenza si trascinò dietro sia la campana che il bue avversario. In questo modo la campana venne portata a Calaserna, che da allora divenne Campana. A parte il brio e l'arguzia del racconto popolare, tornando al discorso storico, è da presumere che Kalasarna diventa Campana quando il centro abitato, dotatosi di una campana a scopo difensivo e di richiamo, si ingrandì e venne circoscritto da una cinta muraria intervallata da torrioni di difesa all'altezza delle Porte di accesso. Questo sistema difensivo durò per alcuni secoli. Alla fine del Seicento alcune delle torri risultano già distrutte da tempo. Così, infatti, si esprime Mons. Marino nella menzionata lettera all'abate Giustiniani: "Benchè fosse dal sito stesso munita, per altre rupi, che la circondano d'ogn'intorno; con tutto ciò venne cinta di ben forti muri, e da cinque Torrette difesa contro ogni assalto ostile. Una se bene fin ad oggi ne resta in piedi, assai alta e di rotonda struttura, che ancora resiste alle ingiurie del tempo". Non conosciamo le circostanze della scomparsa delle altre antiche porte, ma di certo molto del dissesto del territorio e dell'abitato è dipeso sia da cause naturali (terremoti), sia da guerre ripetute, sia dall'incuria dell'uomo. Quello che conta annotare, comunque, è che nei secoli XI-XII anche per Campana si aprono nuove pagine di storia, che porteranno prima alla sua infeudazione e poi al Principato nel 1696.

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